Roberto Lovati, Bob, una delle figure più importanti della Lazio ci ha lasciato il 30 marzo 2011, aveva 84 anni. Portiere dal talento indiscusso, nella sua carriera ha collezionato il maggior numero di presenze proprio tra le fila biancocelesti e dopo aver abbandonato i pali della porta, era rimasto nel club come allenatore delle giovanili, tecnico della prima squadra e poi dirigente.

 OLTRE L’ODIO STRACITTADINO- Una vita passata con la Lazio, grande amante del calcio, del vino e delle belle donne. Un personaggio difficile da odiare, anche per i “cugini” sull’altra sponda del Tevere che a Bob hanno sempre portato rispetto. Cosa strana e rara questa, ma con la sua simpatia, con la pacatezza del non dire mai quella parola di troppo e fuori posto, aveva cancellato anche l’odio stracittadino, facendo  quasi dimenticare agli “altri” che fosse uno di noi .Un carattere straordinario, tanta umanità, è stato per la Lazio una figura importantissima e colui che più si è prodigato per la crescita dei giovani nel vivaio biancoceleste. Simbolo laziale per oltre cinquant’anni, punto fermo per calciatori e tifosi. Il suo amore per la Capitale e per i nostri colori, lo hanno reso parte del calcio romano. 

UNA VITA BIANCOCELESTE- Arrivò da Milano nel 1956 e difese la porta laziale per ben 6 stagioni. Alzò la prima Coppa Italia nel 1968, primo trofeo della nostra storia centenaria. Dopo l’addio al campo, al di fuori del rettangolo verde divenne un vero e proprio punto di riferimento per la società e per i giocatori ricomprendo ogni ruolo possibile: allenatore della prima squadra, osservatore, istruttore dei giovani e dirigente. Lovati rimase nella Lazio prendendone le redini nei momenti più bui, una specie di Deus ex machina pronto a risolvere ogni situazione, anche quelle che sembravano irrisolvibili. Ebbe il rapporto più stretto con Tommaso Maestrelli aiutandolo a guidare quella squadra “folle” e piena di campioni che vinse il primo scudetto. Lo aiutò in campo sì, ma anche al di fuori, mediando con i giocatori con quella stessa umanità di cui solo il “Maestro” era capace. Per questo tra loro ci fu un rapporto eccezionale di amicizia e rispetto reciproco. Dopo la malattia che segnò Maestrelli, toccò proprio a Lovati prendersi cura della Lazio, guidarla, cercando di gestire al meglio un periodo che fu terribibile.

 

I RICORDI DI BOB- Insieme alla Lazio nel bene e nel male, questo lui ha vissuto, il bello ed il brutto tempo, senza lasciarla mai. Durante un’intervista si avventurò sul viale dei ricordi tra tanti nomi : ” I giocatori più forti che ho mai visto erano Re Cecconi e Frustalupi. Poi i vari Selmosson, Muccinelli, Tozzi, e Signori. I portieri più forti: Pulici, Marchegiani e Peruzzi. Zoff come allenatore fece un grande lavoro, forse sottovalutato, Zeman è stato un tecnico moderno. Ricordo Lenzini come un presidente splendido, un vero papà. Gli anni di Calleri furono difficili, poi Cragnotti modernizzò la Lazio trasformandola in un club ad ampio raggio”.

L’ADDIO ALLA LAZIO- Lotito volle tagliare i ponti, ma da parte di Bob Lovati non ci fu mai una parola fuori posto, anzi, si spese in un appello al pubblico laziale perchè resistesse anche se non era competitiva, ha invocato la vicinanza ai colori e l’amore alla maglia sempre. A maggio del 2014, Lotito presentò il progetto dell’Academy biancoceleste intitolata proprio alla memoria di Bob Lovati. 

Portiere, dirigente, allenatore, indimenticato “Cigno”, a sei anni dalla sua scomparsa, il sito ufficiale della Lazio ha dedicato questo ricordo: ” Sei anni fa ci lasciava Roberto Bob Lovati, portiere e bandiera della Lazio: da capitanpo alzò la Coppa Italia del 1958, primo trofeo dell’ultracentenaria storia biancoceleste. Il ricordo laziale è sempre vivo nel cuore di tifosi, giocatori , dello staff e di tutta la Società”

Yes We Lazio si unisce al ricordo commosso di un grande uomo e giocatore, che spese la sua vita in biancoceleste: ” BOB UNO DI NOI”

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